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Il Volto della Pace nell’arte

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04 Marzo 2024

In una convivenza missionaria a Salerno con i nostri giovanissimi, mi sono imbattuta in una mostra missionaria “Anime e Volti della Pace”, in occasione dell’accoglienza in questa città della Luce di Betlemme nel tempo natalizio. La nascita e la morte sono sempre interconnesse, e la quaresima non può che dare senso a quel Dio fatto carne in Gesù. La mostra era un invito a guardare alla pace come impegno di tutti coloro che desiderano plasmare il quotidiano con rispetto, giustizia e solidarietà verso l’altro, e tra questi gli artisti dei nostri tempi. Così la pace è stata raccontata attraverso la riproduzione di 70 opere significative di artisti che hanno segnato la nostra contemporaneità, tra cui Picasso, Goya, Le Corbusier...

Per un’artista è sempre una sfida trovare linguaggi creativi per non rendere scontate tematiche umane fondamentali, per toccare e sorprendere la coscienza addormentata, indifferente, o forse abituata al decadimento sociale. Come quel grillo parlante di Pinocchio, sa che se parla troppo esplicitamente verrebbe subito scacciato via o azzittito.

Di questa mostra mi hanno colpito soprattutto le opere di una donna che non conoscevo, visto che le artiste non compaiono quasi mai purtroppo nei libri scolastici di storia dell’arte.

mothers

Mi sono commossa davanti alla sua interpretazione femminile di pace, così diversa da altre più simboliche o più violente contro la guerra. In questa donna si scorge tutto il dramma concreto di una madre che cerca di proteggere con il suo corpo i suoi figli: è l’amore viscerale per loro che la fa agire contro la distruzione dell’umanità, coinvolgendosi a quel dolore con la propria vita.

 

 

 

 

selbstbildnis kollwitzKäthe Kollwitz è un’artista tedesca, nasce l’8 luglio 1867 e muore il 22 aprile 1945. La sua è una pittura storica ed espressionista. Si è confrontata presto con la morte e con il dramma della fragilità dell’esistenza umana. Tre dei suoi fratelli morirono quando era ancora giovane: “Per tutta  la vita ho dialogato con la morte” ha scritto una volta alla sorella. Attraverso il disegno coglieva l’essenziale dell’umano con l'arte della matita, del carboncino e della penna, al massimo livello di maestria, ma fu anche scultrice. Käthe, sposata con un medico, accompagna spesso il marito dai suoi pazienti, conoscendo così i disagi dei quartieri poveri di Berlino. In un certo senso, scorge la bellezza nella sofferenza e nella cupezza della vita. Realizza soprattutto cicli di grafica in bianco e nero, che rendono meglio la forza e la drammaticità delle condizioni degli operai. Tuttavia Käthe riconosce presto che la sofferenza non è legata solo alle condizioni di classe, ma soprattutto alle leggi ineluttabili della vita, per la separazione e la morte. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale rafforzerà la sua visione sulla sofferenza, e sull’unica via possibile della pace. Käthe aveva due figli, Hans e Peter. Peter quando scoppiò la guerra aveva 18 anni e si arruolò volontario al fronte. Solo 10 giorni dopo che Käthe aveva portato il figlio alla stazione, questi fu ucciso. La perdita di Peter fu per lei devastante. La sua disperazione per la morte del figlio e per la scomparsa delle giovani generazioni di tutta Europa si riversa in intense e struggenti xilografie del ciclo La guerra (1921-22). Negli anni drammatici dell’ascesa di Hitler, resterà sempre un’artista e un personaggio scomodo per le sue idee pacifiste. È stata la sua fama a livello nazionale e internazionale a salvarle la vita, scampando alla deportazione in un campo di concentramento.

 

 

 

concentramentoNel 1937, in occasione di una sua mostra a Los Angeles, Ernst Toller, drammaturgo tedesco, disse di lei: “Lei sta in silenzio, ma il suo silenzio è eloquente. Esso accusa quegli uomini che fanno guerra al proprio popolo, quegli uomini che minacciano i popoli di altre nazioni, quegli uomini che spargono il seme dell’odio e dissacrano l’umanità”. E nello stesso anno, George Antheil, compositore statunitense, in occasione della mostra dell’artista a San Francisco, dice: “Che lei sia stata capace di raffigurare il volto di tale disperazione e lasciarci questa impronta merita tutto il mio rispetto. Solo una donna avrebbe potuto rappresentare l’agonia della razza umana, l’agonia di quest’epoca, così lunga e così dolorosa”. Käthe Kollwitz, un’artista, una madre, che ha urlato in silenzio l’orrore della guerra attraverso la difesa della vita.

Antonella Del Grosso mmx

Ha svolto parte della sua missione in Tailandia, per quindici anni, dove è stata Delegata per 6 anni. Ha condotto il suo apostolato nella pastorale sociale delle baraccopoli nella periferia di Bangkok, e ha accompagnato piccoli gruppi di cristiani della regione montuosa del nord. Si è dedicata anche alla decorazione di alcune cappelle, cercando di annunciare la Parola attraverso l'arte e l'immagine. Ha conseguito il diploma di Istituto d'Arte e Accademia di Belle Arti.