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“Quale bellezza salverà il mondo?” In ricordo del nostro “Padre”

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21 Marzo 2023

Il 22 marzo di quest’anno cade il quarantacinquesimo anniversario della morte del nostro amato fondatore, Padre Giacomo M. Spagnolo, che familiarmente chiamavamo “il Padre”. Il fondatore è, infatti, un “padre” non solo perché genera e dà vita ad una famiglia religiosa nella Chiesa ma anche perché è chiamato ad essere “modello di vita”. Basti pensare a “grandi fondatori” come San Benedetto, san Francesco d’Assisi, San Giovanni Bosco, S. Guido Maria Conforti e altri che, dando vita alle rispettive famiglie religiose, hanno anche generato specifiche forme di spiritualità: “benedettina”, “francescana” “salesiana”, “saveriana”.

    Formato fin da ragazzo all’ideale missionario “saveriano” sotto la diretta guida di S. Guido M. Conforti, nelle cui mani, nel 1928, emise la prima professione religiosa, P. Giacomo non solo visse fedelmente ed eroicamente questo ideale, ma lo trasmise in modo creativo anche alla nostra Famiglia delle Missionarie di Maria-Saveriane a cui, con la Ven. Madre Celestina, diede vita nel 1945.

    Difficile è riassumere in breve la sua ricca e poliedrica personalità. Generoso e magnanimo sapeva godere del buono e del bello che scopriva attorno a sé. Nobile e dignitoso nei tratti, accoglieva tutti con amabile signorilità. Austero con se stesso, sapeva essere comprensivo, affettuoso e tenero, soprattutto con i più deboli e gli ammalati. Fine pensatore e teologo, cultore della fisica e della matematica pura, era soprattutto innamorato di Dio, di cui scrutava il mistero con l’audacia del mistico e la fiducia del bimbo tra le braccia della madre. Fedele alla Tradizione ha saputo anche precorrere i tempi con intuizioni anticipatrici. Alla nostra Famiglia, concepita fin dall’inizio come scaturente dal carisma di S. Guido Maria Conforti, P. Giacomo seppe, infatti, trasmettere la spiritualità saveriana in modo fedele e originale nello stesso tempo. In questo contesto vorrei soffermarmi in modo particolare sul binomio confortiano “carità fraterna/nobile rispetto” tanto caro a S. Guido Maria e a P. Giacomo.    

    Tra le testimonianze che più mi colpirono quando stesi la biografia di P. Spagnolo, vi è quella di uno studente saveriano che ebbe P. Giacomo come Rettore: «Lo conobbi in IV teologia quando venne come Rettore. Fu il primo saveriano in cui vidi impersonata la frase del Fondatore: “Amatevi come fratelli e rispettatevi come principi”». P. Giacomo seppe infatti vivere questo tratto distintivo della spiritualità saveriana in modo eminente, sia come rettore della teologia, come consultore generale, come prefetto degli studi, come delegato generale delle Scuole apostoliche, sia come Fondatore delle Missionarie di Maria-Saveriane.

      Ad esempio, fin dall’inizio P. Giacomo non volle che, come Missionarie di Maria-Saveriane, avessimo una divisa, ma volle che vestissimo «modestamente e dignitosamente secondo l’uso dei vari luoghi in cui ci troviamo, per favorire un contatto semplice e fraterno con tutti» (Cost. n. 5). Soggiacente a questa sua scelta, vi è ciò che, con grande originalità, P. Giacomo stesso in una lettera del 18 giugno 1963 definisce «teologia del vestito». Scrive: «… vi dirò che può esistere anche una “teologia del vestito”. In proposito potete ricordare che la terminologia che la teologia usa per la Grazia santificante attinge i suoi concetti e le parole precisamente dal vestito. Anche le virtù vengono concepite come abiti che rivestono l'anima, proprio come avviene per la Grazia abituale o santificante. Pensate dunque di fare del vostro vestito una esterna espressione degli abiti virtuosi che devono rivestire l'anima vostra. Fate in modo che la bellezza sia soprattutto spirituale e che il vostro esterno atteggiamento sia il riflesso per attirare le anime a Dio». Nella stessa lettera scrive poi: «[l’abito] dev'essere l'espressione anche all'esterno dell'ordine che regna nell'anima. Se è dignitoso non onora voi, ma piuttosto coloro che vi avvicinano».

    Alcuni anni dopo, nel gennaio 1965, condividendo con le sorelle una meditazione sulla carità ebbe a dire: «Sapeste come siete preziose, in tutta la vostra virtù, in tutta la carità che potete avere, in tutto l'affetto che potete nutrire nel cuore, in tutte le possibilità di bene che avete, in tutta la gioia di cui potete essere centro e distributrici. Quanto siete preziose! Voi non lo capite, ma se aveste l'occhio sensibile alla luce del cielo, trovereste in ognuna di voi una figlia di Dio, una principessa del Regno celeste, una sposa di Gesù che domani nel Cielo sarà ornata di cose meravigliose, gli abiti delle virtù e dei doni dello Spirito Santo, le gemme preziosissime dei meriti della carità e dell'apostolato. Se vedessimo la realtà alla luce del Cielo, quante cose ci colpirebbero di più e ci aiuterebbero ad essere più felici».

     Inequivocabilmente risuona in questi orientamenti il motto confortiano: «amatevi come fratelli e rispettatevi come principi», ossia «amatevi intensamente, di vero cuore» (1 Pt 1,22) perché «da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35); abbiate un comportamento dignitoso, fine, delicato, distinto radicato nella consapevolezza della propria e altrui dignità di figli di Dio: «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente» (1 Gv 3,1)  

     Nel mondo attuale dove sembra imperare l’elogio della sciatteria e della mediocrità, questo richiamo può apparire anacronistico da una parte, ma profetico dall’altro. Nella semplicità della vita di tutti i giorni, nei rapporti interpersonali, nei vari contesti in cui operiamo, siamo chiamate a «dare ragione della speranza che è in noi» (1Pt 3,15) con dolcezza e rispetto, percorrendo con amabilità la «via pulchritudinis», ossia la «via della bellezza». Come scrive Papa Francesco, infatti, «annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù. Se, come afferma S. Agostino, noi amiamo se non ciò che è bello, il Figlio fatto uomo, rivelazione della infinita bellezza, è sommamente amabile, e ci attrae a sé con legami d’amore. Dunque, si rende necessario che la formazione della via pulchritudinis sia inserita nella trasmissione della fede» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 167).

    Il nostro Padre ha percorso questa “via” con umiltà, modestia e dignità additando in Gesù il grande modello a cui ispirarci: Gesù, «il più bello tra i figli dell’uomo sulle cui labbra è diffusa la grazia/bellezza/eleganza» (cfr. Sl 45,3); Gesù, «il Figlio di Dio che con l’incarnazione si è unito ad ogni uomo» (cfr. GS 22) dando fondamento alla dignità di ogni essere umano.  

     Nella lettera pastorale “Quale bellezza salverà il mondo?” che il Card. Martini inviò all’arcidiocesi di Milano nell’anno 1999-2000, leggiamo: «Condividere il dono della Bellezza significa vivere la gratuità dell’amore: la carità è la Bellezza che si irradia e trasforma chi raggiunge. Nella carità non c’è rapporto di dipendenza fra chi dà e chi riceve, ma scambio nella comune partecipazione al dono della Bellezza crocifissa e risorta, dell’Amore divino che salva».

     Carità e bellezza sono il binomio inscindibile che Padre Giacomo ci invita a vivere in fedeltà al Vangelo e al carisma saveriano di S. Guido Maria Conforti. Un carisma che proprio nell’oggi della storia in cui «la sottile e pervasiva negazione della bellezza, la mediocrità che avanza, il calcolo egoistico che prende il posto della generosità, l’abitudine ripetitiva e vuota che sostituisce la fedeltà vissuta come continua novità del cuore e della vita» (card. Carlo M. Martini, Quale bellezza salverà il mondo?) sembrano prevalere, rivela tutta la sua audace attualità.

      Già S. Agostino scriveva: «Gesù è bello sempre… bello in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori; bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell'invitare alla vita, bello nel non curarsi della morte, bello nell'abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello nella croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo…» (S. Agostino, Commento al Salmo 44).

     S. Guido Maria Conforti e Padre Giacomo ci insegnino ad essere testimoni e apostole della Bellezza di Dio rivelata in Gesù.

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Maria De Giorgi

Originaria della Diocesi di Milano, si è laureata in antropologia culturale presso l’Università Cattolica di Milano. Partita per il Giappone nel 1985, dal 1987 opera nel campo del dialogo Interreligioso presso il Centro Shinmeizan (Kumamoto), fondato dal saveriano P. Franco Sottocornola. Dottore in Teologia e già docente presso l’Università Gregoriana di Roma, è attualmente consultore del Dicastero Vaticano per il dialogo interreligioso e membro della Commissione per l’Ecumenismo della Conferenza Episcopale giapponese.