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Gli anni sono tanti… ma parto ancora con gioia!

Rina Mondin
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19 Ottobre 2016
Dopo quarantasette anni di missione, fra Burundi e Congo, Rina Mondin riparte in questi giorni per la Repubblica Democratica del Congo. Le abbiamo posto alcune domande.

Come senti questo tuo ripartire?

Alla luce della fede questa nuova partenza è un grande dono, una grande grazia del Signore. Nella sua fedeltà continua a darmi fiducia, per quel poco che ho, e mi apre ancora la strada per tornare.

Le superiore hanno detto che sarebbero contente che torni, e questo conferma il mio desiderio interiore. Il Signore mi regala ancora una salute abbastanza normale: perché non dare anche questo tempo al Signore fino alla fine, finché me ne offre la possibilità?

Davanti a questa partenza, che potrebbe essere l’ultima della mia vita, dati i miei 82 anni, non ho altre pretese che essere fra la gente presenza del Signore, in quello che posso ancora fare, in comunità, nell’incontro con le persone, nella scuola, con i giovani, con i laici.

Importante per me non è tanto ciò che vado a fare ma essere questa presenza. Che possa incoraggiare, dare speranza, compatire, condividere le situazioni che incontrerò. Non pretendo di cambiare niente, ma vorrei offrire quell’ascolto di tenerezza a cui tante volte ci esorta il Papa.

Parti in un momento delicato del Paese…

Sì, è un momento delicato per la Repubblica Democratica del Congo. So che è imprevedibile ciò che può succedere e l’ho già sperimentato: l’insicurezza nei viaggi, le strade sbarrate, i programmi scolastici sospesi a causa della “ville morte” dichiarata in città per protesta. So che non vado in una situazione normale, dove puoi fare, decidere e realizzare. Certo, questo un po’ mi turba: mi chiedo come andrà a finire.

Ci si può chiedere: che senso ha stare qui, in questa situazione? Ma se tutti noi abbandonassimo, che senso avrebbe la nostra vita di missione? Siamo andati per condividere e andiamo via? Vorrei essere lì per incoraggiare, dare speranza, coraggio ed essere segno di fedeltà alla missione.

Che cosa ti ha sostenuta, nei tuoi lunghi anni di missione?

Il Signore ha sostenuto la mia vocazione, che è stata in me viva. Ho sempre sentito l’entusiasmo di vivere questo dono che il Signore mi ha messo nelle mani. La grazia di Dio, la comunità, tanti amici, la mia parrocchia d’origine in Italia, le persone e i gruppi con cui abbiamo condiviso tempo, lavoro: tutto questo mi incoraggia a continuare. È a motivo della mia chiamata che desidero restare, anche per trasmettere il dono della vocazione che abbiamo ricevuto.

“Sei tornata più in forma che altre volte. Siamo contenti perché così puoi ritornare e continuare la tua missione”, mi hanno detto nella mia parrocchia. Altri mi hanno chiesto: “Ma parti ancora?”. Una mamma, vedova, con tribolazioni per i figli mi ha detto, dandomi la sua offerta: “Sono contenta di salutarti. Il tuo andare, tornare e ritornare è stato un esempio per la mia vita. Ho visto che non ti fermi ma continui”. Ma anche il suo esempio fa bene a me.

La gioia della vocazione mi dà la forza di stare in piedi: essa viene dal Signore, che incontro nelle persone, nelle situazioni, nella preghiera. Parto con gioia e gratitudine.